Sono passati 18 anni da quel 24 maggio  del 1999.

Il poliziotto triestino in servizio presso la Questura di Milano cessò di vivere all'ospedale milanese di Niguarda, a causa di una ferita alla testa riportata dieci giorni prima durante un conflitto a fuoco con un gruppo di malviventi in Via Imbonati, a Milano.

Alle 5 del mattino del 14 maggio una banda di rapinatori armata di fucili d'assalto e ben fornita di esplosivi militari, assalì un furgone portavalori appena uscito dal deposito di un istituto di vigilanza in Via Bovio, una strada laterale di Via Imbonati a nord di Milano.

Nelle fasi concitate della rapina, giungevano gli equipaggi della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri allertati dalle numerose telefonate di cittadini che descrivevano scenari simili a quelli di una guerra.

Infatti i colleghi vennero accolti dai criminali con raffiche di mitra, non esitando neppure a sparare contro alcune autovetture civili e un autobus di passaggio, per farsi strada e scappare a bordo di due autovetture, esplodendo anche alcuni candelotti fumogeni per agevolare la loro fuga.

Durante questi interminabili momenti della sparatoria rimasero feriti agenti della Polizia di Stato, Carabinieri e civili.

Le auto dei rapinatori attraversarono il quartiere di Dergano per poi imboccare nuovamente in Via Imbonati, qualche centinaio di metri più a nord.

Fu qui che i rapinatori si trovarono davanti alle Volanti Comasina e Niguarda , che stavano sopraggiungendo sul luogo della rapina.

I banditi spararono per primi contro gli agenti, ferendo tre di loro, tra i quali l'agente scelto Vincenzo Raiola, gregario della Volante Comasina, colpito da un proiettile alla testa.

Quindi i rapinatori fuggirono definitivamente in direzione di Viale Enrico Fermi, abbandonando le auto in due paesi dell'hinterland milanese.
Le condizioni dell'Agente Scelto Raiola apparvero subito gravissime.
Venne trasportato all'ospedale di Niguarda ormai in coma irreversibile e qui agonizzò per dieci giorni prima di cessare di vivere.

Dal luogo dell'assalto vennero recuperati 217 bossoli di arma da fuoco esplosi dai rapinatori.
Dopo una settimana dalla rapina erano ancora visibili, in via Imbonati e nelle strade limitrofe, i segni dello scontro a fuoco (auto trapassate dalle pallottole, fori di proiettile sulle pareti delle abitazioni e negozi, eccetera).

Le indagini scattarono immediatamente dopo l'assalto e portarono all' individuazione da parte della Squadra Mobile del gruppo di fuoco responsabile della vile aggressione, ma gli arresti scattarono solo a luglio, per permettere di assicurare alla giustizia l'intera banda, compresi due carabinieri corrotti.
La banda era composta da ex terroristi di sinistra, pregiudicati per reati di mafia e criminali comuni.

Tre degli assassini ricevettero la condanna all'ergastolo, confermata in Cassazione.
Il basista della tentata rapina al furgone portavalori non è mai stato individuato.

L'Agente Scelto Vincenzo Raiola era stato in servizio al Compartimento di Polizia Ferroviaria di Milano, prima di ottenere il trasferimento alle Volanti.

Lasciò i genitori, il fratello e la fidanzata.

La Scuola Allievi Agenti della Polizia di Stato di Trieste è stata intitolata alla sua memoria.

Anche il SAP condivide questo stupendo tributo per il nostro amico e collega

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Alle 5 del mattino di ogni 15 maggio tutte le volanti di Milano si recano sul luogo del conflitto a fuoco per onorarne la memoria.

 

Qui trovate il video e le foto della commemorazione di quest'anno

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La lettera di chi quella notte c'era

Milano 14 maggio 1999

Sparavano con calma da guerrieri, con precisione da professionisti del kalashnikov.

Sette banditi con le facce coperte dai passamontagna si impossessano prima dell’alba di un pezzo di Milano.

Per chi si trovava sulla loro strada non c'era scampo. Sono le 5 del mattino in via Imbonati, l'arteria che porta dal centro verso la Comasina.

I banditi sparano sui passanti, sui carabinieri, sugli autobus, su chiunque possa bloccarli. Duecento colpi, duecento pallottole 762x39 e 5,56 camiciate al tungsteno.

L’obiettivo sono cinque miliardi che viaggiano su un furgone blindato.

L’impresa fallisce per il più banale dei contrattempi, il detonatore dell’ordigno che deve sventrare la cassaforte fa cilecca: fortunatamente, perché - diranno gli artificieri - c’era abbastanza plastico da fare crollare il palazzo accanto.

Ma il bilancio di sangue dell’assalto è pesante: 9 feriti, tra di loro c’è un Agente delle Volanti - un ragazzo di 26 anni, Vincenzo Raiola - colpito al cervello, le speranze di salvarlo sono poche.

Solo i banditi, incredibilmente, sembrano uscire incolumi da questo uragano di fuoco. Svaniscono nel nulla, una delle loro auto viene ritrovata crivellata di colpi ma senza una sola goccia di sangue all’interno.

A interrogarsi su quale mala bolgia abbia partorito gangster così lucidi e feroci non sono solo gli investigatori ma un’intera città, che ieri apprende attonita la notizia dell’assalto mentre la caccia all’uomo paralizza il traffico in tutto il settore nord della metropoli.

Le possibilità di dare loro un nome sono, però, esili: il flash di un volto, un bandito che si toglie il passamontagna per sparare meglio; il plastico rimasto inesploso, su cui potrebbero esserci delle impronte.

I "cervelli", quelli che hanno diretto l’operazione, erano italiani. Italiani sono certamente il “know how”, la conoscenza dei luoghi, il basista che ha dato la "dritta" per il colpo (una "dritta" imperfetta, come si vedrà).

Ma sul gruppo di copertura, quello che ha scatenato senza esitare l’inferno di pallottole, ogni ipotesi è aperta.

Compresa quella che si tratti di manodopera arruolata all’estero, arrivata in Italia insieme a carichi di armi che stanno fornendo un potere di fuoco illimitato alla criminalità. Illimitato - o quasi - è il volume di fuoco che il commando prepara in vista dell’attacco di via Imbonati. Nelle sacche che vengono caricate su una jeep ci sono almeno quattro armi da guerra micidiali.

Due o tre sono kalashnikov di produzione orientale, ma almeno uno - quello che spara pallottole 5,56 - è un’arma occidentale moderna, come l’Ar70 in uso ai reparti italiani.

O come il fucile da assalto svizzero Sig Sauer, l’arma preferita dai guerriglieri kosovari dell’Uck, già usato in un assalto quasi identico per ferocia, quello del 30 gennaio a un furgone blindato in provincia di Varese, con due metronotte ammazzati a sangue freddo.

Il piano della rapina è preparato da tempo. I tre automezzi recuperati finora (il camion che blocca la strada al furgone blindato, la jeep che lo sperona, l’Audi A4 usata per la fuga) erano stati rubati alla fine di aprile, e custoditi finora in luoghi sicuri.

Pochi minuti prima delle 5, il furgone blindato lascia il cortile della Mondialpol, in via Bovio. A bordo, insieme a tre guardie, ci sono i sacchi con le banconote raccolte nella notte da una catena di supermercati, che dalle camere blindate dell’agenzia di vigilanza devono essere trasferiti in una banca.

Un’operazione di routine, che si ripete con frequenza forse eccessiva: e che, alla fine, qualcuno ha segnalato alla banda. Il viaggio del furgone dura pochi metri: all’incrocio con via Imbonati si trova la strada chiusa dal camion, poi viene speronato dalla jeep.

I banditi aprono il fuoco, i vetri blindati si segnano ma resistono.

Dall’interno i tre metronotte annunciano la resa.

Vengono fatti sdraiare per terra, dopo avere aperto il furgone. Ma è qui che la "dritta" arrivata alla banda mostra la sua lacuna: all’interno del furgone c’è una seconda blindatura non prevista dai banditi, il commando discute brevemente, i banditi danno segni di nervosismo.

Non lo sanno, ma in via Imbonati un cittadino ha già lanciato l’allarme, dopo avere visto due incappucciati del gruppo di copertura con i mitra in mano.

Il detonatore, collegato a una batteria da moto, si inceppa: nell’ordigno c’è un chilo e mezzo di plastico alla pentrite, abbastanza da ammazzare anche i banditi, distruggere il denaro e far crollare il palazzo. Il colpo è fallito, ma il terrore vero comincia adesso. Il commando attraversa a piedi via Imbonati per raggiungere le auto pronte per la fuga in via Giulio Cesare Abba: qui incrocia una pattuglia dei carabinieri e apre il fuoco ferendo un passante.

Da questo momento in avanti la sparatoria praticamente non cessa più, i banditi tirano contro chiunque si avvicini: contro una Punto e una Alfa della polizia, contro due Alfa dei carabinieri, contro un autobus dell’Atm.

Due militari vengono raggiunti dalle pallottole, altri rimangono feriti negli scontri prodotti dalla sparatoria.

In via Abba il commando sale sull’Audi e sulla Mercedes, aggira l’isolato e riappare su via Imbonati all’angolo con via Conte Verde, e qui arriva la sparatoria dalle conseguenze più gravi: una Alfa della polizia cerca di bloccare la strada, i banditi aprono il fuoco.

Secondo alcune versioni, l’Agente Raiola scende dalla Volante e viene colpito, altri dicono che le pallottole dei kalashnikov perforano la vettura e raggiungono Vincenzo ancora sui sedili. Il commando sparisce lungo via Fermi, la superstrada che va verso la Brianza: l’Audi verrà ritrovata prima delle 8 a Paderno Dugnano crivellata di colpi ma senza sangue all'interno.

Sono passati tanti anni ma è come se fosse ieri....

Ciao Vincenzo