RICHIESTA CHIARIMENTI URGENTI circolare avente ad oggetto le norme generali concernenti il sistema delle divise degli appartenenti ali ruoli della Polizia di Stato
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Signor Capo della Polizia, abbiamo letto con interesse la circolare a sua firma avente oggetto ”norme generali concernenti il sistema delle divise degli appartenenti ali ruoli della Polizia di Stato.
Divieto di utilizzo di materiale di equipaggiamento ed oggetti non forniti dall’Amministrazione”.
Rileviamo che la circolare risulta precisa e puntuale nel richiamare il personale ad un attento rispetto dei propri doveri tuttavia ci sembra poco attenta relativamente agli obblighi dell’Amministrazione nei confronti dei propri uomini.
Prima di diffondere tale nota ci saremmo aspettati preliminarmente una comunicazione che informasse il personale in ordine alla distribuzione di polo operative, pantaloni, scarpe, anfibi, giubbe, cinturoni, sottocamicia, distintivi di qualifica, guanti anti-taglio ecc. Tutti capi e accessori di cui spesso vi è carenza.
Infatti, Le rappresentiamo che ancora oggi i colleghi, per prestare servizio con una uniforme completa e decorosa, sono costretti ad acquistare privatamente le polo operative (costo di circa euro 18.00) dal momento che non sono state loro fornite o ne è stato comunque distribuito un numero inadeguato ad assicurarne il cambio durante i giorni di caldo estivo.
Le segnaliamo, inoltre, che spesso mancano altri capi di abbigliamento come ad esempio pantaloni (costo 90.00 euro) ed il personale è obbligato a provvedere personalmente alla propria sicurezza acquistando guanti antitaglio (costo 15.00 euro), sottocamicia (costo 400.00 euro) ecc.
Orbene, è chiaro che nel rispetto della disposizione da Lei emanata tali capi non potranno più essere utilizzati. Pertanto, a questo punto riteniamo necessaria un’altra circolare che illustri in modo dettagliato ai colleghi su come comportarsi quando sono privi di parti della divisa e sul come procedere quando durante un intervento viene messa a rischio la loro sicurezza e sono privi delle dotazioni di protezione individuali necessarie.
È indispensabile fornire una risposta alle seguenti domande: Se la divisa non è completa si può prestare servizio in uniforme? Se manca la giubba invernale si può uscire in servizio esterno? Se la sicurezza degli operatori è messa a repentaglio, in assenza dei necessari strumenti di protezione individuali, si deve desistere? In passato Le abbiamo posto alcuni di questi quesiti ma nessuna risposta ci è mai pervenuta. Eccellenza, non è sufficiente porre un divieto se poi non ci si assume la responsabilità di fornire precise indicazioni per superare le oggettive e reali difficoltà con cui il personale si confronta tutti i giorni. Solo fornendo chiare disposizioni l’autorevolezza dell’Amministrazione non sarà messa in discussione, diversamente anche questa circolare verrà percepita dai colleghi come un ulteriore atto di deresponsabilizzazione da parte di chi ha responsabilità gestionali e amministrative a scapito di chi tutti i giorni scende sulle strade del nostro Paese su una volante o in ordine pubblico.
Si rimane in attesa di cortese urgente riscontro scritto e con l’occasione si porgono cordiali saluti.
Trieste, altre due fondine rotte. Paoloni (Sap): «Sconcertati»
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«I colleghi continuano a rischiare la vita. A Trieste, città della recente tragedia che ha
scosso l’Italia negli ultimi giorni, altri due colleghi hanno patito la rottura della fondina.
In un caso si è rotta la fondina in cordura, già in sostituzione di quella in polimero rotta
questa estate. Nell’altro caso si è rotta ancora quella in polimero».
A dichiararlo è Stefano Paoloni, Segretario Generale del Sindacato Autonomo di
Polizia (Sap).
«Queste sono le condizioni in cui siamo costretti ad operare: senza idonei
equipaggiamenti e con il rischio sempre dietro l’angolo. Stiamo denunciando la
questione delle fondine dal dicembre 2018, continuiamo a farlo ad ogni episodio,
nell’indifferenza totale di chi se ne dovrebbe assumere la responsabilità anziché –
conclude - accusare chi ha il dovere di denunciare».
ASSEMBLEA GENERALE SAP presso la Questura
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Si è svolta, dalle 11 alle 14, l'assemblea generale del SAP Trieste presso la Questura alla presenza del Segretario Generale Stefano PAOLONI, del Regionale Olivo COMELLI e del Provinciale Lorenzo TAMARO con la segreteria provinciale triestina al completo.
In una sala stampa gremita, dopo il minuto di silenzio in ricordo di Pierluigi e Matteo, si è discusso sentitamente sui temi di attualità che riguardano la nostra città e le implicazioni lavorative dopo i tristi eventi.
Il Segretario Paoloni ha tra le altre cose spiegato le strategie del SAP nel far emergere le situazioni di criticità del "mondo Polizia" facendosi supportare dalla cittadinanza che più si riconosce nelle idee di cambiamento e professionalizzazione del mestiere del poliziotto.
TUTELE e DOTAZIONI le parole chiave che racchiudono lo spirito dell'assemblea odierna.
il Segretario Tamaro ha brevemente fatto riferimento a tutte le azioni sindacali promosse in tal senso , non ultima il deposito di una approfondita relazione sulle problematiche della sicurezza della struttura Questura e la sensibilizzazione delle forze politiche che presiedono il Consiglio Regionale FVG.
EMENDAMENTO E MOZIONE: ASCOLTATE LE NOSTRE RICHIESTE
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Abbiamo appreso con soddisfazione che è stata depositata una mozione presentata dal gruppo Lega-Salvini volta ad ottenere contributi regionali diretti all'acquisto di dotazioni individuali in favore degli agenti delle Forze dell’Ordine addetti ai reparti operativi nel territorio della Regione e allo stesso tempo di un emendamento, da parte di Fratelli d’Italia, al disegno di legge 62 in Consiglio Regionale, volto a fornire giubbotti antiproiettile e antitaglio “come presidio di difesa per le Forze dell’Ordine del nostro territorio’’ con l’intento di allargare l’operazione anche ad altre dotazioni.
Il SAP, Sindacato Autonomo di Polizia, sta conducendo da anni una campagna di sensibilizzazione delle istituzioni e cittadini su diverse problematiche delle cosiddette “garanzie funzionali” in favore degli operatori delle Forze dell’Ordine, quali ad esempio i protocolli operativi e le regole di ingaggio, le tutele funzionali e legali, le dotazioni di reparto e individuali, l’introduzione di esenzione dai ticket per l’accesso ai servizi sanitari per il personale ferito in servizio.
Un lavoro condotto dal SAP in questi anni che oggi ha portato all'interessamento e proposizione concreta nel ambito regionale sia da parte del gruppo Lega-Salvini che da Fratelli d’Italia.
Dopo il tragico evento di questi giorni, il SAP locale ha ulteriormente voluto sensibilizzare l’opinione pubblica e le forze politiche su le problematiche che quotidianamente gli uomini e le donne delle Forze dell’Ordine sono costretti ad affrontare per poter svolgere al meglio il servizio per la sicurezza del cittadino.
Appelli che sono stati accolti nel ambito della Regione Friuli Venezia Giulia e che auspichiamo rappresentino solo il principio di iniziative ancor più strutturate ed importanti, in ambito nazionale, affinché si possa avviare una nuova stagione che porti ad una soluzione di tutti i problemi che interessano l’apparato sicurezza.
STATO DI POLIZIA O DISAGIO? IL SAP TRIESTE IN EDICOLA SU PANORAMA
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Il premier Giuseppe Conte li ignora e non intende riceverli. Mentre il ministero dell’Interno li addita come speculatori e li taccia di comportamento ostile. Per questo, le sigle sindacali Siulp, Sap, Slap e Fsp Polizia - che rappresentano l’80% di tutto il personale in divisa - minacciano manifestazioni di piazza e la mobilitazione generale.
Se, infatti, il governo non li ha convocati prima dell’approvazione della legge di bilancio nonostante lo preveda la legge, il Viminale ha addirittura dichiarato - per bocca del Dipartimento della pubblica sicurezza - che il Sap è responsabile di «odiose speculazioni» in merito ai fatti di Trieste. Il riferimento è all’omicidio a sangue freddo degli agenti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, per mano di un malvivente dominicano che ha sottratto loro l’arma d’ordinanza, per poi rivolgergliela contro durante un accertamento in Questura.
Proprio la dinamica della sparatoria triestina è finita al centro di una violenta querelle tra governo e i sindacati di Polizia. Secondo questi ultimi, la corresponsabilità della morte degli agenti è da attribuire all’equipaggiamento obsoleto: la sicura delle fondine delle pistole sarebbe stata difettosa e avrebbe permesso all’omicida di sfilare agilmente le armi ai due agenti. L’ultima denuncia in merito era giunta per bocca del segretario generale del Sap, Stefano Paoloni, il quale già ad agosto aveva richiesto verifiche urgenti al ministero, perché dai poliziotti in servizio erano giunte innumerevoli segnalazioni inerenti «fondine che si spaccano, a fronte di un utilizzo assolutamente diligente da parte degli operatori».
Mentre il suo segretario per la provincia di Trieste, Lorenzo Tamaro, va oltre: «Tali perplessità devono rappresentare solo un punto di partenza e non di arrivo. Ciò che conta è aprire una riflessione sulle condizioni in cui gli operatori di Polizia svolgono le loro funzioni quotidiane. Ci sentiamo soli da molto tempo, lo abbiamo manifestato in molte maniere, ma evidentemente non siamo stati ascoltati. A noi non servono pacche sulle spalle, ma fatti concreti. Altrimenti, dopo la commozione per due colleghi assassinati, tutto tornerà come o peggio di prima».
La questione delle durissime condizioni di lavoro in cui versano le forze dell’ordine è annosa, e non riguarda soltanto le dotazioni obsolescenti (mitragliette degli anni Settanta ancora in uso, giubbotti antiproiettile scaduti, fondine difettate, etc.), ma anche le regole d’ingaggio, i protocolli antiterrorismo insufficienti, gli stipendi inadeguati, il numero troppo esiguo degli operativi su strada. E una cultura diffusa, che qualcuno ha soprannominato «il partito dell’antipolizia», che registra una tendenza alla violenza gratuita contro gli agenti, ormai bersaglio delle frustrazioni di una larga parte della società: allo stadio come durante normali controlli su strada, ormai è consuetudine insultare o aggredire le forze dell’ordine. A questa lunga lista si deve aggiungere anche il linciaggio mediatico, che picchia duro quando le divise sbagliano e mai premia il loro eroismo. Le statistiche nazionali parlano chiaro: ogni quattro ore almeno un operatore di polizia finisce in ospedale con conseguenze invalidanti, fisiche o psicologiche.
Di tutto ciò l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini ne aveva fatto la propria cifra di governo, ma le violente polemiche e le immancabili partigianerie seguite ai decreti Sicurezza varati durante il governo gialloverde, aleggiano ancora sopra il Viminale. E devono aver avvelenato anche il clima interno.
Circa l’episodio di Trieste, i toni inconsueti e poco ministeriali con cui il Dipartimento ha tuonato contro il sindacato, che «sconvolge e sconcerta», ha sortito l’effetto opposto. Per niente intimorite, le organizzazioni sindacali hanno risposto minacciando lo sciopero della Polizia di Stato. Una soluzione che, però, in Italia gli è vietata dall’art.84 della legge 1 aprile 1981 n. 121, il cui titolo è piuttosto eloquente: «Divieto di esercizio del diritto di sciopero» (anche se talune interpretazioni della Costituzione sembrano mettere in dubbio la liceità di tale articolo).
In ogni caso, i sindacati non sono affatto uniti nella lotta. Lo stesso segretario generale del Sap, la sigla che raccoglie il maggior numero di aderenti dopo il Siulp (circa 18mila contro 25mila, secondo il Viminale), non ne fa mistero e a Panorama dichiara: «Oggi c’è un problema nel movimento sindacale, che per molti aspetti ha perso di vista le finalità e gli obiettivi che un sindacato si deve dare. Noi dobbiamo tutelare il personale anche attraverso le critiche all’Amministrazione, che non sopporta il dissenso ed è talmente autoreferente che, quando vi sono divergenze, reagisce in maniera spropositata come sul caso di Trieste. Noi, al contrario degli altri sindacati che non esprimono mai giudizi negativi, abbiamo scelto di portare all’attenzione dell’opinione pubblica lo stato reale della pubblica sicurezza in Italia. Ma siamo deboli, perché non disponiamo della principale fonte di rivendicazione, e cioè lo sciopero».
A ben vedere, dunque, il principale problema che riguarda la Polizia di Stato oggi sembra incardinato nel rapporto tra il Dipartimento della pubblica sicurezza e i sindacati di categoria. Insomma, non si scorge nessuno spirito corporativistico: anche in seno alle forze dell’ordine la politica sembra aver alterato gli equilibri. Il che suona grottesco, considerato che dovrebbero essere altri i temi sui quali concentrarsi: come le battaglie combattute ad armi impari contro la criminalità organizzata o il preoccupante fenomeno dei suicidi tra le divise, il cui tasso è in vertiginoso aumento. Quale che sia la ragione, il loro malessere esiste eccome. A certificarlo sono alcuni dati impressionanti: in Italia, dall’inizio dell’anno sono già 46 i membri delle forze dell’ordine che si sono suicidati (rispetto ai 29 del 2018), e che si sommano a una già triste statistica che vede ben 214 operativi che si sono tolti la vita nel periodo che va dal 2014 al 2019.
Il problema non è solo italiano. Questo trend negativo colpisce le polizie di tutta Europa. Le aggressioni fisiche contro poliziotti e gendarmi in Francia sono nell’ordine delle 13mila l’anno: se nel 2016 si è registrato il primato negativo di agenti colpiti da arma da fuoco (687, che hanno fatto 26 morti), il 2019 rischia di chiudere poco sotto quella soglia. Di certo, ogni anno in Francia oltre una dozzina di agenti vengono uccisi in servizio. Quanto ai suicidi, nel 2019 sono già il doppio rispetto ai 68 dell’anno precedente. In parte, questo fenomeno è stato spiegato come «stress psicologico», dovuto agli attentati terroristici che hanno colpito il Paese a partire dal 2015. Ma non basta. Anche in Germania, ogni anno si registrano almeno 30mila attacchi contro le divise, mentre in Spagna negli ultimi vent’anni si sono avuti oltre 160 suicidi. Tutto ciò, nonostante negli ultimi cinque anni si registri in tutta l’Unione Europea un calo tendenziale del tasso di omicidi e degli altri crimini. Solo due tipi di reato sono in netto aumento: le violenze sessuali e, appunto, le aggressioni contro le forze dell’ordine.
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