18 ANNI FA IL TRAGICO ATTENTATO ALLE “TWIN TOWERS” IL RICORDO DEL SAP
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All'indomani della tragedia dell' 11 settembre 2001, il SAP è stato il primo Sindacato di Polizia italiano, ad essere ufficialmente invitato a Ground Zero.
Ogni anno il SAP, anche a Trieste, celebra il "Memorial Day", per ricordare tutte le vittime del dovere e per la legalità.
Oggi anche la Segreteria Provinciale di Trieste ricorda le vittime degli attentati newyorkesi, quegli eroi che morirono vittime della barbaria terroristica e nel tentativo di salvare preziose vite umane.
Per non dimenticare!
SAP: CHE SIA UNA “SVOLTA” AGLI ERRORI DEL PASSATO E CONTINUITÀ’ ALLA POLITICA DEL “CAMBIAMENTO”
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Che sia davvero il momento della “svolta”!
Una svolta alla politica del decennio passato fatto di tagli lineari dettati da una spending review che ha letteralmente messo in ginocchio l’apparato sicurezza.
Una svolta agli errori fatti in passato, che si muova in continuità al cambiamento iniziato dal precedente esecutivo.
Le forze dell’ordine e l’apparato sicurezza ne hanno un disperato bisogno!
Con queste pensiero il Segretario Provinciale del SAP di Trieste Lorenzo Tamaro ha esordito nell'incontro pubblico che il PD ha organizzato con il senatore On. Emanuele FIANO ed i sindacati di Polizia di Trieste.
Una carenza organica di più di 300 unità solo nella provincia di Trieste e 800 nella Regione Friuli Venezia Giulia rispetto al 2007, che mettono in difficoltà le donne e gli uomini della Polizia di Stato nell'assolvere alle proprie funzioni, in una società che richiede sempre più presenza ed intervento degli operatori di polizia e una mole di lavoro che aumenta in maniera esponenziale.
Ruolo determinante saranno gli Istituti di Istruzione, come quello della Scuola Allievi Agenti di San Giovanni che se ristrutturata e magari ampliata potrà “sfornare” un maggior numero di nuovi poliziotti.
Il SAP, primo soggetto sindacale della Regione F.V.G., all’indomani dell’incontro con l’On. FIANO, rimane preoccupato per il futuro dell’apparato sicurezza a seguito della ridotta attenzione posta sul programma del nuovo Governo si esprime sull’argomento con un “Occorre offrire maggiore tutela e valorizzare il personale della difesa, delle forze di polizia e dei vigili del fuoco (comparto sicurezza e soccorso pubblico)”.
Ci sembra davvero troppo poco.
Come già detto dal SAP nel corso del dibattito organizzato dal PD, è necessario si ricorra al più presto a maggiori assunzioni per abbassare l’età media degli operatori di Polizia e rimpiazzare i pensionamenti.
Oggi ribadiamo che ciò serve a riportare l’organico a numeri maggiori e scongiurare deleterie chiusure degli uffici, nello specifico del nostro territorio, dare quindi linfa vitale al Commissariato di Rozzol-Melara, a quello di Opicina e alla Sottosezione di Frontiera di Villa Opicina.
Oggi, riaffermiamo che è necessaria per la Polizia di Frontiera di Trieste carente di più di 20 unità rispetto agli organici previsti per un normale servizio di retro-valico e assolutamente inadatto a fronteggiare i “rintracci”, sempre più corposi, che quotidianamente vengono effettuati sulla cinta confinaria del capoluogo di regione.
C’è bisogno di tutele professionali, ma anche formazione, mezzi, attrezzature e dotazioni come ad esempio il “taser”, ma anche tutele sanitarie e supporto psicologico.
Lo vogliamo al più presto anche a Trieste.
In Italia ci sono state dal 1° di giugno ad oggi più di 160 aggressioni: accadono anche qui a Trieste ed in regione Friuli Venezia Giulia!
Abbiamo bisogno di dotare i poliziotti del “taser”, uno strumento di difesa utile anche a poter evitare tragedie già tristemente vissute proprio a Trieste.
C’è bisogno di una “svolta” all'approccio con le forze dell’ordine, dando più autorevolezza con norme ancor più stringenti nei confronti di chi si comporta illegalmente.
Aumentano suicidi tra le forze dell’ordine: 37 dall’inizio dell’anno. SAP: «Fondamentale avere psicologi destinati agli agenti per la prevenzione»
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Cresce il numero dei suicidi tra le forze dell’ordine. Gli ultimi due episodi accaduti in provincia di Trieste e Palermo hanno riattualizzato un tema che da qualche mese è molto caldo. Da inizio anno ad oggi, infatti, sono 37 gli agenti che si sono tolti la vita. Un dato allarmante che ha portato le forze dell’Ordine ad istituire un osservatorio, lo scorso mese di febbraio, voluto dal capo della Polizia Franco Gabrielli, a cui prendono parte Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria. A questo si è affiancato un tavolo di lavoro istituito all’interno della Polizia di Stato con la partecipazione dei sindacati, con l’obiettivo di comprendere il fenomeno ed operare a livello di prevenzione.
Dando uno sguardo alle statistiche rese note da Cerchio Blu, l’associazione che si occupa di disagio tra le forze dell’ordine, emerge un fenomeno in crescita negli ultimi mesi che doppia addirittura quello relativo ai suicidi nella popolazione italiana (9,8 casi ogni 100 mila agenti contro i 5 casi ogni 100 mila abitanti italiani). Se i dati statistici ci dicono che sono soprattutto poliziotti e agenti della polizia penitenziaria a togliersi la vita con la pistola di ordinanza (88% dei casi), in realtà esiste una casistica meno conosciuta di carabinieri e finanzieri che pongono fine alla loro vita con altre modalità. «Di sicuro è un fenomeno trasversale che negli anni ha avuto dei picchi, – spiega Lorenzo Tamaro, segretario provinciale del Sap di Trieste, una zona particolarmente segnata dal dramma – Oggi è di grande attualità anche perché la nostra è una professione dove lo stress del lavoro correlato è molto forte, inoltre il carico di lavoro nel corso degli anni è notevolmente cresciuto, mentre l’organico è diminuito. Senza contare che l’età pensionabile è aumentata rispetto ad un tempo, un aspetto che non dovrà essere sottovalutato».
Dati alla mano sembrano essere gli over 40 i più vulnerabili come confermano i numeri di Cerchio Blu dove il 54% degli agenti suicida hanno un’età che va dai 45 ai 64 anni, mentre il 37% dei casi sono tra i 25 e i 44 anni. Un dramma dunque che non sembra avere una radice comune.
I campanelli di allarme
Un lutto in famiglia, la fine di una relazione, un declassamento sul posto di lavoro, la solitudine. Sembrano essere questi i campanelli di allarme a cui prestare attenzione, come spiega Anna Valle, Assistente Capo della Polizia di Stato, psicologa e specializzanda alla scuola di Psicoterapia in Analisi Transazionale e rappresentante Sap: «Le ragioni che spingono un agente a togliersi la vita sono molteplici e impercettibili e l’avere a disposizione un’arma con cui agire in un lasso di tempo brevissimo è deleterio. Per questo dinnanzi ad un sintomo di cedimento, anche su segnalazione di un collega, all’agente viene tolta l’arma di ordinanza e ritirata la tessera. Un intervento che se da un lato può essere letto come una sorta di tutela – prosegue la psicologa – dall’altra rappresenta per l’agente un’ulteriore sconfitta da affrontare ed un isolamento sociale difficile da reggere». Un dramma nel dramma a cui occorre porre rimedio. «Purtroppo, esistono fattori che aiutano un agente ad affrontare anche le difficoltà e le tensioni quotidiane a cui è sottoposto: come la famiglia, gli amici, le gratificazioni professionali. Se uno o più di questi fattori viene meno, ecco che si genera una voragine psicologica che è opportuno non sottovalutare».
Più psicologi
Se da un lato l’articolo 48 con il ritiro dell’arma di ordinanza e della tessera ha funzione di prevenzione, dall’altra non sembra essere la strada giusta per affrontare e risolvere il tema dei suicidi. Il ruolo dell’osservatorio in questo senso ha già dato un’impronta chiedendo la modifica dell’articolo 48 con il 48bis secondo cui dinnanzi ad un disagio può essere tolta l’arma di ordinanza, ma non la tessera che garantisce l’identità sociale dell’individuo. In questo senso il ruolo dello psicologo diventa fondamentale.
«Il Capo della Polizia Gabrielli ha promesso di quadruplicare il numero degli psicologi attivi sul territorio – prosegue la dottoressa Valle – fino ad arrivare ad averne uno per ogni questura».
Ad oggi secondo il decreto 334 sono 40 i professionisti che operano sul territorio con il ruolo di comunicatori e 15 per le emergenze, un bacino a disposizione della collettività, non solo ad uso esclusivo degli agenti. «Una carenza che in alcuni territori è cronica – riprende Tamaro – con questure del tutto sprovviste di psicologi come a Trieste dove, tra l’altro, sono accaduti diversi episodi». «Questo è il punto – prosegue la dottoressa – è necessario avere psicologi destinati agli agenti per fare prevenzione e psicoeducazione al benessere. Oggi siamo fermi ai convegni, uno o due all’anno, a cui prendono parte cento o duecento agenti. Non basta. Occorre un impegno costante e continuo. Ora con l’osservatorio interforze e il tavolo di Polizia gli strumenti ci sono, occorre agire affinché il numero dei suicidi scenda sensibilmente».
CRISI POLITICA: NON SI DIMENTICHINO I PROBLEMI DELLA SICUREZZA
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In questi giorni di profonda e complicata incertezza politica, ciò che desta preoccupazione è che nessuno di chi è candidato a governare sembra avere fissato nella propria agenda il tema della “sicurezza”, così caro a molti nella precedente campagna elettorale e sicuramente così prioritario dopo 10 anni di sciagurati e trasversali tagli, che hanno determinato una debilitazione dell’apparato sicurezza così grave. Nessuno o quasi, in questi giorni ha nemmeno menzionato il termine sicurezza! Non vorremmo che si invertisse la rotta, quella di non chiudere più gli uffici di Polizia espressa da questo ultimo Esecutivo, che di fatto aveva bloccato la chiusura della Sottosezione di Polizia di Frontiera di Villa Opicina e arrestato il processo di depotenziamento che era stato messo in atto negli anni precedenti per portare ad un inevitabile inutilità e conseguente chiusura dei Commissariati di Rozzol Melara ed Opicina. Una sensazione, quella avvertita dal SAP come di un improvviso stop ad un processo certamente lungo e complesso da intraprendere che però sembrava essere stato avviato con grande determinazione: si era tornati ad investire e non tagliare sulla sicurezza portandola al centro del sistema. Dalle assunzioni straordinarie di personale, alle risorse destinate alle ristrutturazioni dei nostri edifici, ai più che raddoppiati fondi per le divise, alle nuove disponibilità per servizi mensa e ticket, ed altro ancora. Non vanno inoltre scordati tutti gli interventi normativi, come i due decreti sicurezza con norme più stringenti contro i violenti del “disordine pubblico” e i facinorosi degli stadi; ed ancora strumenti più incisivi per il contrasto alle mafie e dell’immigrazione clandestina e non di minore importanza l’approvazione dell'emendamento, presentato dall’ On. Gianni Tonelli (già Segretario Generale del SAP), per i reati di oltraggio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale: farà si che non si potrà più procedere ad assoluzione per “lieve tenuità del fatto” e chi se ne dovesse rendere responsabile, dovrà risponderne sempre davanti alla legge. Non solo un emendamento, ma un vero cambio “culturale”, quello a favore delle forze di polizia che vanno nella direzione inversa a chi vorrebbe, ancora oggi, apporre i numeretti sui caschi, magari opponendosi alle più “complete” bodycam, dimostrando il suo forte pregiudizio nei confronti delle “divise”. Serve quindi che quanto è stato iniziato possa continuare, in caso contrario rischieremmo di ricadere nel baratro di pochi anni fa, con forte ripercussioni sui risultati a danno dell’intera comunità e della brava gente. C’è molto da fare! Servono tutele professionali, anche per arginare le continue aggressioni che quotidianamente stiamo subendo (dal mese di giugno ad oggi ne abbiamo ormai contate più di 144). Servono risorse per dotazioni, mezzi, attrezzatura e formazione. Deve essere portato a termine entro settembre un importante riordino delle carriere che consenta di recuperare, almeno in parte, i danni provocati da quello precedente. C’è un contratto del lavoro da rinnovare in maniera adeguata e non con un aumento da “elemosina” come quello passato. Si rimetta quindi nell’ agenda della politica il tema della Sicurezza: è una delle priorità del nostro Paese, è indispensabile per la sua crescita e per garantire la piena, libera e democratica convivenza civile.
TRIESTE CITTA’ APERTA AI TURISTI E ALLA BRAVA GENTE, GRAZIE ALLA PREVENZIONE DELLE FORZE DELL’ORDINE
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Spiace leggere tra le righe del racconto della scrittrice Federica MANZON, pubblicato su “Il Piccolo” del 11 agosto 2019, il fastidio che trapela nei confronti delle forze dell’ordine che sono presenti nella città di Trieste e che concorrono a rendere il capoluogo giuliano, una “città aperta e vivibile” per i sempre più numerosi turisti e la gente per bene.
Affermazioni come: “Imbattersi in tre volanti della polizia” e incontrare “poliziotti in bicicletta o passeggianti a due a due”, “volanti ovunque, controllori a controllare cosa”, “sempre più a disagio per il clima da coprifuoco il turista cerca rifugio nei negozi”, “Trieste riempirsi di corpi speciali e sentinelle” e ancora “impossibile camminare a Barcola senza incontrare uomini in divisa” sono descrizioni e giudizi di chi evidentemente non ha simpatia verso le forze dell’ordine in netto contrasto però con quanto da tempo i cittadini invocano e vorrebbero vedere con ancor maggior frequenza.
Quello di cui i cittadini ed i turisti non hanno bisogno di imbattersi oggi sono le rapine, lo spaccio di stupefacenti, i borseggi, le risse, gli accoltellamenti ecc. ecc., non di certo le divise.
La brava gente, vuole vedere le “divise” a tutela di una città che negli ultimi anni è cambiata, come lo sono anche le altre città d’Italia.
Spesso sono proprio i turisti, ma anche i cittadini a voler essere immortalati nei loro obiettivi in compagnia dei mezzi delle forze dell’ordine e degli operatori di polizia, sintomo che c’è apprezzamento per il lavoro che viene svolto quotidianamente anche a Trieste mentre “la città dorme e svapora”.
Le classifiche ufficiali di gradimento dicono che le forze dell’ordine ed in particolare la Polizia di Stato è l’Istituzione più amata dalla gente.
Fa specie poi quel “nemmeno a Gerusalemme” e “nemmeno a Bogotà”.
Chi è abituato a girare il mondo, come credo lo sia la scrittrice, è abituato a vedere apparati di sicurezza ben più “appariscenti e soprattutto rigidi”.
Per restare nell'ambito nazionale, mi chiedo se la scrittrice sia mai uscita dalla stazione di Roma Termini o Milano Centrale e abbia notato il dispositivo messo in atto e quello presente nelle metropolitane e nei loro centri storici.
Chissà se anche quelle situazioni saranno utili ad ispirare uno scritto che rappresenti il medesimo senso di fastidio.
L'ARTICOLO IN QUESTIONE
LA RISPOSTA DEL SAP